Il vortice dei linguaggi
Résumé
Questo libro tenta di verificare se possa avere un senso una associazione fra letteratura e migranti. Il nuovo che arriva, i rumori del mondo, i suoi conflitti, le sue speranze - che ci assordano, ci spaventano e che si cerca di affogare – operano, giustamente, una messa in questione radicale delle tradizioni nazionali. Ma, nel contempo, l’esilio, le migrazioni, le vite raminghe sono anche esperienze capaci di mobilitare nuove strutture narrative, altre modalità di racconto.
Il libro prova a seguire la traccia di queste insorgenze innanzitutto linguistiche, non senza lasciarsi attrarre da digressioni e vicoli ciechi, angoli male illuminati. Si tratta pertanto di dare risalto a delle scritture - come quelle di Joyce e di Gadda - che, pur restando nella letteratura, hanno lottato contro il suo ancoraggio a una terra, a una lingua, a una tradizione, a un popolo. Derivando oltre questi confini, denunciando la propria classicità, giungendo sulla soglia della loro sparizione, le scritture di cui cercherò di parlare sono già migranti. Bisognerà ancora verificare se esse riescano a diventare una letteratura mondiale, o meglio: se riescano a raccontare la storia di un nuovo popolo-mondo, cioè, in termini deleuziani, se riescono a creare il popolo che manca.